Care Colleghe e cari Colleghi,

nel rivolgervi un saluto, vorrei condividere pubblicamente tre pensieri.

Il primo, in chiave retrospettiva, è un ringraziamento alla Presidente uscente: la sua dedizione per l’istituzione ordinistica, l’idea di avvocatura che ha saputo far vivere e far risuonare anche fuori dalle nostre mura, il coraggio nell’affrontare i momenti drammatici che abbiamo vissuto con l’emergenza pandemica, la capacità di avere una visione del futuro senza transigere sul rigore dei principi che ci governano, sono stati per me esempio straordinario e fonte inesauribile d’ispirazione. Grazie Barbara, anche da tutti noi.

Il secondo è anch’esso un ringraziamento, questa volta con lo sguardo rivolto al presente, a tutti i Consiglieri dell’Ordine per la fiducia che hanno riposto nella mia persona, eleggendomi a ricoprire un incarico così prestigioso e delicato: è il loro instancabile lavoro quotidiano che alimenta la complessa macchina ordinistica ed è grazie al loro indispensabile contributo di voci differenti che è possibile sostenere il peso della responsabilità di un compito così complesso.

Il terzo è una breve riflessione sul futuro.

La nostra bellissima professione è in una fase di profondo turbamento, stretta tra lacci conservatori e spinte di progresso che, non necessariamente per questo, assumono valore.

V’è necessità di un radicale cambiamento, a monte di tutto.

Viviamo in un’epoca dove il tempo per la riflessione è sovrastato dalla richiesta di rapidità, dove l’esercizio del dialogo paritario tra differenze è reso vano da personalismi e protagonismi, dove la libertà di parola è indebolita dalla confusione di parole in libertà.

Abbiamo necessità di restituire senso a questi tre mezzi fondamentali (riflessione, parola, dialogo) per tornare a comprendere che parte della forza dell’avvocatura è radicata nello stare insieme. Solo così, credo, nei campi a valle potranno crescere germogli.

Buon lavoro.